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Primato e infallibilità: 150 anni dopo il Vaticano I

Di Sergio Centofanti

Centocinquanta anni fa, il 18 luglio 1870, fu promulgata la Costituzione Pastor Aeternus, che definiva i due dogmi del primato del Papa e dell’infallibilità papale.

Lunghe e accese discussioni

La Costituzione dogmatica fu approvata all’unanimità dai 535 Padri Conciliari presenti “dopo lunghe, feroci e accese discussioni”, come disse Paolo VI durante un’udienza generale nel 1969. Ha descritto quel giorno come “una pagina drammatica nella vita della Chiesa, ma per tutto ciò, non meno chiara e definitiva. Ottantatré Padri Conciliari non hanno partecipato alla votazione. L’approvazione del testo avvenne nell’ultimo giorno del Concilio Vaticano I, che fu sospeso il giorno successivo a causa dell’inizio della guerra franco-prussiana. In seguito alla presa di Roma da parte delle truppe italiane il 20 settembre 1870 – che di fatto segnò la fine degli Stati Pontifici – il Concilio fu prorogato sine die. I conflitti emersi durante il Concilio portarono allo scisma dei cosiddetti Vecchi cattolici.

Il dogma sulla razionalità e il carattere soprannaturale della fede

I due dogmi del Pastore Aeternus furono proclamati dopo i dogmi sulla razionalità e il carattere soprannaturale della fede contenuti nella Dei Filius, l’altra Costituzione dogmatica del Vaticano I, promulgata il 24 aprile 1870. Il testo afferma che ” Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere certamente conosciuto dalla luce naturale della ragione umana, per mezzo delle cose create (Rm 1,20).”

Questo dogma, come spiegò Paolo VI nell’Udienza del 1969, riconosce che ” la ragione, con la sua sola potenza, può raggiungere una certa conoscenza del Creatore attraverso le creature. La Chiesa così, nell’epoca del razionalismo, difende il valore della ragione,” mantenendo, da un lato, “la superiorità della rivelazione e della fede sulla ragione e sulle sue capacità”; ma dichiarando, dall’altro, che “non può esserci opposizione tra la verità della fede e la verità della ragione, essendo Dio la fonte di entrambe.”

Nell’enciclica Fides et ratio, pubblicata nel 1998, Papa Giovanni Paolo II afferma: “Fede e ragione sono come due ali sulle quali lo spirito umano si eleva alla contemplazione della verità; e Dio ha posto nel cuore umano il desiderio di conoscere la verità—in una parola, di conoscere se stesso—affinché, conoscendo e amando Dio, anche gli uomini possano giungere alla pienezza della verità su se stessi.”

Il dogma del primato

Nel Pastore Aeternus, Papa Pio IX, prima della proclamazione del dogma sul primato, ricorda la preghiera di Gesù al Padre perché i suoi discepoli siano”uno”: Pietro e i suoi successori sono il “principio permanente e il fondamento visibile” dell’unità della Chiesa. Egli afferma solennemente:

“Noi insegniamo e dichiariamo che, secondo l’evidenza evangelica, un primato di giurisdizione su tutta la chiesa di Dio fu immediatamente e direttamente promesso al beato apostolo Pietro e conferito a lui da Cristo Signore…. Che il signore nostro Gesù Cristo, il Principe dei pastori e pastore grande delle pecore, fondata nel beato Pietro Apostolo, per il continuo salvezza e permanente a beneficio della Chiesa, deve necessariamente rimanere per sempre, per autorità di Cristo, nella Chiesa, fondata sulla roccia, starà fermo fino alla fine del tempo…

“Perciò, chi riesce, alla Cattedra di Pietro ottiene dall’istituzione di Cristo stesso, il Primato di Pietro su tutta la Chiesa… Sia del clero e fedeli, di qualsiasi rito e dignità, sia singolarmente e collettivamente, sono tenuti sottomettersi a questo potere con il dovere della subordinazione gerarchica e della vera obbedienza, e questo non solo nelle questioni riguardanti la fede e la morale, ma anche in quelle che riguardano la disciplina e il governo della Chiesa in tutto il mondo. In tal modo, per unità con il Romano Pontefice nella comunione e nella professione della stessa fede, la Chiesa di Cristo diventa un solo gregge sotto un solo pastore supremo. Questo è l’insegnamento della verità cattolica, e nessuno può allontanarsene senza mettere in pericolo la sua fede e la sua salvezza.”

Il Magistero infallibile del Papa

Nel primato del Papa, scrive Pio IX, “è compreso anche il potere supremo dell’insegnamento.”Questo potere è stato conferito a Pietro e ai suoi successori” per la salvezza di tutti”, come “la tradizione costante della Chiesa conferma.”Continua:

“Ma poiché proprio in questa epoca in cui è particolarmente necessaria la salutare efficacia dell’ufficio apostolico, non sono pochi quelli che ne denigrano l’autorità, giudichiamo assolutamente necessario affermare solennemente la prerogativa che l’unigenito Figlio di Dio si è compiaciuto di attribuire al supremo ufficio pastorale.

“Quindi, aderendo fedelmente alla tradizione ricevuta dall’inizio della fede Cristiana, per la gloria di Dio, nostro Salvatore, per l’esaltazione della religione Cattolica e per la salvezza dei popoli Cristiani, con l’approvazione del sacro Concilio, noi insegniamo e definiamo come un dogma divinamente rivelato che quando il Romano pontefice parla ex cathedra, cioè quando, nell’esercizio del suo ufficio di pastore e maestro di tutti i Cristiani, in virtù della sua suprema autorità apostolica, definisce che una dottrina concernente la fede o la morale che deve essere tenuto da tutta la Chiesa, che egli possiede, con l’assistenza divina promesso a lui nel beato Pietro, che l’infallibilità che il divino Redentore ha voluto la sua Chiesa di godere nella definizione di dottrina in materia di fede o morale. Pertanto, tali definizioni del Romano Pontefice sono di per sé, e non per il consenso della Chiesa, irreformabili.”

Quando si verifica l’infallibilità

Papa Giovanni Paolo II ha spiegato il significato e i limiti dell’infallibilità nell’Udienza generale del 24 marzo 1993:

“L’infallibilità non è data al Romano Pontefice come persona privata, ma nella misura in cui adempie l’ufficio di pastore e maestro di tutti i cristiani. Egli inoltre non la esercita come avente autorità in se stesso e da se stesso, ma ‘per la sua suprema autorità apostolica’ e ‘per l’assistenza divina promessagli nel Beato Pietro.’Infine, egli non lo possiede come se potesse disporre di esso o contare su di esso in ogni circostanza ‘ma solo’ quando parla dalla sedia, ‘ e solo in un campo dottrinale limitato alle verità di fede e morale e quelli strettamente connessi con loro (…) il Papa deve agire come “pastore e dottore di tutti i cristiani”, pronunciando verità riguardanti la “fede e la morale”, in termini che esprimano chiaramente la sua intenzione di definire una verità certa e di esigerne l’adesione definitiva da parte di tutti i cristiani.

“Questo è ciò che è accaduto, per esempio, nella definizione dell’Immacolata Concezione di Maria, di cui Pio IX afferma: “è una dottrina rivelata da Dio e deve, per questo motivo, essere fermamente e costantemente creduto da tutti i fedeli”; o anche nella definizione dell’Assunzione di Maria Santissima, quando Pio XII disse: “Con l’autorità di Nostro Signore Gesù Cristo, dei Beati Apostoli Pietro e Paolo, e con la nostra autorità, dichiarare e definire come dogma divinamente rivelato… ecc.’In queste condizioni si può parlare di straordinario magistero pontificio, le cui definizioni sono irreformabili ‘da se stesse, non per il consenso della Chiesa’ (…) I Sommi Pontefici possono esercitare questa forma di magistero. E questo è effettivamente accaduto. Molti Papi, tuttavia, non lo hanno esercitato.”

Dogmi e sviluppo della dottrina

La Commissione Teologica Internazionale, in un documento intitolato “L’Interpretazione dei Dogmi” (pubblicato nel 1990, quando il Cardinale Joseph Ratzinger è stato capo di istituto), spiega che l’infallibilità non significa cadere in “una fondamentale rimanenti nella verità”, poiché esso deve essere inteso nel contesto di vita e di carattere dinamico della Tradizione, come la Dei Verbum afferma:

“Questa tradizione che viene dagli Apostoli sviluppare nella Chiesa con l’assistenza dello Spirito Santo. Perché cresce la comprensione delle realtà e delle parole che sono state tramandate. Ciò avviene attraverso la contemplazione e lo studio da parte dei credenti, che custodiscono queste cose nei loro cuori (cfr.Luca, 2,19. 51) attraverso una comprensione penetrante delle realtà spirituali che essi sperimentano, e attraverso la predicazione di coloro che hanno ricevuto attraverso la successione episcopale il dono sicuro della verità” (DV, 8).

Giovanni Paolo II può così osservare, nell’Udienza generale sopra citata, “che l’esercizio del Magistero rende concreto e manifesta il contributo del Romano Pontefice allo sviluppo della dottrina nella Chiesa.”

Primato, collegialità, ecumenismo

Paolo VI, nell’Udienza del 1969, difese la rilevanza del Concilio Vaticano I e il suo legame con il suo successore, il Vaticano II:” I due Concili Vaticani, il primo e il Secondo, sono complementari “anche se molto diversi” per molte ragioni.”Così, l’attenzione alle prerogative del Papa nel Vaticano I è stata estesa nel Vaticano II a tutto il Popolo di Dio, con i concetti di “collegialità” e “comunione.” Allo stesso tempo, l’attenzione all’unità della Chiesa, che ha Pietro come punto di riferimento visibile, si sviluppa in un forte impegno di dialogo ecumenico — tanto che Giovanni Paolo II, in Ut unum sint, ha potuto lanciare un appello alle diverse comunità cristiane “per trovare un modo di esercitare il primato che, pur non rinunciando in alcun modo a ciò che è essenziale per la sua missione, è tuttavia aperto a una situazione nuova.”

E Papa Francesco, nella Evangelii gaudium, parla di una ” conversione del papato. Egli osserva che ” il Concilio Vaticano II ha affermato che, come le antiche Chiese patriarcali, le conferenze episcopali sono in grado di contribuire in molti e fecondi modi alla concreta realizzazione dello spirito collegiale.”Tuttavia questo desiderio non è stato pienamente realizzato, poiché non è stato ancora sufficientemente elaborato uno status giuridico delle conferenze episcopali che le vedesse come soggetti di attribuzioni specifiche, compresa un’autentica autorità dottrinale. L’eccessiva centralizzazione, invece di rivelarsi utile, complica la vita della Chiesa e il suo impegno missionario.”

E va anche ricordato che, secondo il Vaticano II, “l’infallibilità promessa alla Chiesa risiede anche nel corpo dei Vescovi, quando questo corpo esercita il magistero supremo con il successore di Pietro” (Lumen gentium, 25).

Amare il Papa

Andando oltre l’adesione ai dogmi, Papa San Pio X ricordò, in un’udienza del 1912, la necessità di amare il Papa e di obbedirgli – e si disse addolorato quando ciò non avvenne.

San Giovanni Bosco incoraggiava i suoi collaboratori e i ragazzi che aiutava a conservare sempre nei loro cuori “tre amori bianchi”: l’Eucaristia, la Madonna e il Papa.

E Benedetto XVI, parlando a Cracovia il 27 maggio 2006 con i giovani cresciuti con Giovanni Paolo II, ha spiegato con parole semplici quanto affermato in quelle verità di fede proclamate molto tempo fa nel 1870:

“Non abbiate paura di edificare la vostra vita sulla Chiesa e con la Chiesa. Siete tutti orgogliosi dell’amore che avete per Pietro e per la Chiesa a lui affidata. Non fatevi ingannare da coloro che vogliono giocare Cristo contro la Chiesa. C’è una base su cui vale la pena costruire una casa. Questo fondamento è Cristo. C’è solo una roccia su cui vale la pena posizionare tutto. Questa roccia è colui al quale Cristo ha detto: “Tu sei Pietro e su questa roccia edificherò la mia Chiesa” (Mt 16,18).

“Giovani, voi conoscete bene la Roccia dei nostri tempi. Di conseguenza, non dimenticate che né quel Pietro che guarda il nostro raduno dalla finestra di Dio Padre, né questo Pietro che ora sta di fronte a voi, né alcun Pietro successivo si opporrà mai a voi o alla costruzione di una casa duratura sulla roccia. Infatti, egli offrirà il suo cuore e le sue mani per aiutarvi a costruire una vita su Cristo e con Cristo.”

Questa è una traduzione funzionante dall’originale italiano.