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Felicità, Psicologia Positiva e Benessere

Il concetto di felicità è la pietra angolare delle ipotesi della psicologia positiva. La felicità è caratterizzata dall’esperienza di stati affettivi positivi più frequenti di quelli negativi e dalla percezione che si sta progredendo verso importanti obiettivi di vita (Tkach & Lyubomirsky, 2006). Identificare i fattori che contribuiscono alla felicità ha dimostrato di essere difficile. È interessante però che una cosa che spicca nella ricerca fino ad oggi è che il raggiungimento e la ricerca del piacere non sempre portano alla felicità.

Alcuni tipi di fattori o condizioni ambientali sono stati trovati associati alla felicità e includono cose come: reddito individuale, stato del mercato del lavoro, salute, famiglia, relazioni sociali, valori morali e molti altri (Carr, 2004; Selim, 2008; Diener, Oishi& Lucas, 2003). In definitiva, nel perseguimento della comprensione della felicità, ci sono due principali prospettive teoriche che si concentrano sull’affrontare la questione di ciò che rende le persone si sentono bene e felici. Questi sono gli approcci edonici ed eudaimonici alla felicità (Keyes, Shmotkin, & Ryff, 2002).

Benessere edonico

Il benessere edonico si basa sulla nozione che l’aumento del piacere e la diminuzione del dolore portano alla felicità. I concetti edonici si basano sulla nozione di benessere soggettivo. Il benessere soggettivo è un termine scientifico comunemente usato per indicare la “vita felice o buona”. Comprende una componente affettiva (alto effetto positivo e basso effetto negativo) e una componente cognitiva (soddisfazione con la vita). Si propone che un individuo sperimenta la felicità quando l’affetto positivo e la soddisfazione per la vita sono entrambi alti (Carruthers & Hood, 2004).

Benessere eudaimonico

Il benessere eudaimonico, d’altra parte, dipende fortemente dalle idee di Maslow sull’autorealizzazione e dal concetto di Roger della persona pienamente funzionante e del suo benessere soggettivo. La felicità eudaimonica si basa quindi sulla premessa che le persone si sentono felici se sperimentano lo scopo della vita, le sfide e la crescita. Questo approccio adotta la Teoria dell’autodeterminazione per concettualizzare la felicità (Keyes et al., 2002; Deci & Ryan, 2000). La teoria dell’autodeterminazione suggerisce che la felicità è legata alla realizzazione nelle aree di autonomia e competenza.

Da questa prospettiva, impegnandosi in attività eudaimoniche, il benessere soggettivo (felicità) si verificherà come un sottoprodotto. Pertanto, si crede che lo scopo della vita e il significato di ordine superiore producano felicità. Sembra che il consenso generale sia che la felicità non deriva dalla ricerca del piacere ma dallo sviluppo di punti di forza e virtù individuali che si legano al concetto di psicologia positiva (Vella-Brodrick, Park & Peterson, 2009). Le differenze tra felicità eudaimonica ed edonica sono elencate di seguito.

Edonico (Benessere soggettivo)

  1. Presenza di umore positivo
  2. Assenza di umore negativo
  3. Soddisfazione per vari domini della vita (ad es. lavoro, tempo libero)
  4. Globale di soddisfazione di vita

Eudaimonic (Psicologico)

  1. Senso di controllo o di autonomia
  2. Sensazione di significato e di scopo
  3. espressività Personale
  4. Sentimenti di appartenenza
  5. contributo Sociale
  6. Competenza
  7. crescita Personale
  8. l’accettazione di Sé

Psicologi positivi vista la felicità sia edonistica e eudaimonic vista che definiscono la felicità in termini di la bella vita, la bella vita e il significato della vita (Norrish & Vella-Brodrick, 2008). Peterson et al., ha identificato tre percorsi alla felicità dalla vista psicologica positiva:

  1. Il piacere è il processo di massimizzare l’emozione positiva e minimizzare l’emozione negativa ed è indicato come la vita piacevole che coinvolge esperienze piacevoli e positive.
  2. L’impegno è il processo di essere immersi e assorbiti nel compito a portata di mano ed è indicato come la buona vita che implica essere attivamente coinvolti nella vita e tutto ciò che richiede e richiede. Quindi la buona vita è considerata il risultato dell’individuo che coltiva e investe i propri punti di forza e virtù nelle loro relazioni, lavoro e tempo libero (Seligman, 2002) applicando così il meglio di sé durante attività impegnative che si traducono in crescita e una sensazione di competenza e soddisfazione che porta felicità.
  3. Il significato è il processo di avere uno scopo più alto nella vita di noi stessi e viene indicato come la vita significativa che implica l’uso dei nostri punti di forza e delle nostre qualità personali per servire questo scopo più alto. La vita significativa, come la buona vita, coinvolge l’individuo applicando i loro punti di forza firma in attività, ma la differenza è che queste attività sono percepiti per contribuire al bene più grande nella vita significativa.

In definitiva, è una combinazione di ciascuno di questi tre elementi descritti sopra che la psicologia positiva suggerisce costituirebbe una felicità autentica e stabile (Vella-Brodrick, Park& Peterson, 2009; Carruthers& Hood, 2004).